Barcellona, 18 agosto 2017 - "Abbiamo visto arrivare il furgone ad alta velocità, il conducente guardava e sorrideva, aveva la barba lunga». Rossella Petrella ha ancora la voce incrinata dall’emozione. In questi giorni è in vacanza con un gruppo di amici nella capitale catalana. Negli attimi della strage stava percorrendo proprio la Rambla, teatro dell’ultima mattanza jihadista. Anche un altro italiano, Saverio, insieme con la fidanzata e due amici, stava passeggiando sul viale, quando il furgone killer ha puntato diritto nella sua direzione. Attentato Barcellona, chi è l'italiano morto nella strage / Il racconto della moglie di Bruno Gulotta: "Schiacciato davanti ai figli" / FOCUS Le vittime
La sua ragazza, Chiara, era entrata in un negozio. Saverio e due amici sono rimasti fuori, nella corsia pedonale. «Ho sentito le grida, ho guardato verso la piazza (Plaza de Catalunya) e a circa 80 metri di distanza ho visto il furgone che veniva veloce verso di noi», racconta il giovane. Nella testa del ragazzo si è subito materializzato il ricordo di un’altra strage, quella sul lungomare di Nizza.
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Presi dalla paura, i tre si sono lanciati di corsa verso il negozio d’abbigliamento dov’era Chiara: «È stata una frazione di secondo», il tempo di muoversi e «il furgone era praticamente già lì, a venti-trenta metri, veniva giù veloce». Per oltre un’ora i giovani sono rimasti chiusi, insieme a una trentina di persone, nel seminterrato del negozio. La polizia infatti non ha consentito a nessuno di uscire in strada a causa della caccia all’uomo scatenatasi nell’immediatezza dell’attentato. «Ho ancora negli occhi l’immagine delle persone falciate come birilli. Pareva tutto inverosimile e invece purtroppo era vero». A parlare è un altro italiano, il 25enne Danny Ciampichetti, originario di Cingoli, nel Maceratese, da un anno residente a Barcellona, da sei mesi al lavoro in un ristorante nel cuore di quella che è la città simbolo del progetto Erasmus. STORIE / Barcellona, gli italiani sopravvissuti: "Vivi per miracolo"
«SONO vivo solo, perché non sono riusciti ad ammazzarmi, ma io ero lì nel mezzo, li ho visti, in pochi secondi ho visto uccidere non so quante persone di fronte ai miei occhi», scrive su Facebook Alessio Stazi, un romano che si trova a Barcellona. «Mi sono ritrovato chiuso in un sottoscala di un negozio e non so neanche come ci sono arrivato, non so dove sono i miei amici e non capisco ancora cosa c...o sia successo», si sfoga sul social.
DA UN’ALTRA prospettiva, Carlo, italiano 50enne che lavora in un chiosco di torroni a circa 150 metri da Plaza de Catalunya racconta gli attimi della strage: «Eravamo in tre nel chiosco e ho sentito gente che urlava. Quando l’ho visto, il furgone correva nella parte centrale, pedonale della Rambla a tutta velocità, almeno 40-50 chilometri l’ora». «Ho visto gente sbattuta a sinistra e a destra» perché «correva a zig-zag per cercare di prendere tutto quello che poteva prendere», cercando di investire le persone in fuga. L’ho visto proprio davanti a noi».
La sua velocità è stata in parte ridotta – chiosa Carlo – dagli urti con almeno due chioschi, «ma ho visto falciare almeno una quindicina di pedoni». Le persone colpite sono cadute a terra. «Poi, dopo qualche minuto non erano più là», segno che non erano ferite gravemente, «ma il sangue in terra era ovunque».