Roma, 21 novembre 2017 - Una luce in fondo al tunnel della Tari. Il ministero dell’Economia ha pubblicato la circolare che illustra la corretta modalità applicativa della tassa sui rifiuti, resasi necessaria dopo i calcoli sbagliati di alcuni Comuni con importi gonfiati per le famiglie. Il Tesoro chiarisce che, per quanto riguarda le pertinenze dell’abitazione, è corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica. Non solo: i rimborsi potranno essere chiesti retroattivamente fino al 2014. Ad inciampare sono state anche grandi realtà come Milano, Genova, Napoli, Cagliari, Ancona, Rimini e Siracusa.
In sostanza, il calcolo avviene così: la quota fissa di ciascuna utenza domestica deve essere calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio, sommata a quella delle relative pertinenze, per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti dell’utenza stessa, mentre la quota variabile è costituita da un valore assoluto, cioè un importo rapportato al numero degli occupanti che non va moltiplicato per i metri quadrati dell’utenza e va sommato come tale alla parte fissa. Va cioè calcolata una sola volta per ogni ‘utenza domestica’, che deve intendersi comprensiva sia delle superfici adibite a civile abitazione sia delle relative pertinenze. «Un diverso modus operandi da parte dei comuni – è scritto nella circolare – non troverebbe alcun supporto normativo».
Ecco un esempio per capire il meccanismo della lievitazione dell'imposta:
Se ho un'abitazione di 80 mq con una pertinenza di 20 mq, il calcolo sbagliato fatto da alcuni Comuni sommava la parte fissa della casa (80 x € 1,10= € 88) a quella variabile (€ 163,27) a quella fissa della pertinenza (mq 20 x € 1,10 = € 22) e, di nuovo, a un'altra parte variabile associata alla pertinenza (€ 163,27). Per un totale di 436,54 euro. Il calcolo corretto, invece, prevede di parmetrare la parte fissa a tutta la superficia, casa+pertinenza, (mq 100 x € 1,10= € 110) alla quale sommare una sola volta la parte variabile (€ 163,27). Per un totale di 273,27 euro. Quasi la metà. In questo caso, il rimborso che il contribuente può chiedere è pari a 163,27 euro.
Il contribuente che riscontra un errato computo della parte variabile della tassa (da parte del Comune o del gestore del servizio) può chiedere il rimborso a partire dal 2014, anno in cui la Tari è entrata in vigore. Non è possibile, invece, chiedere il rimborso per la tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu), governata da regole diverse che non prevedevano, tranne casi isolati, la ripartizione in quota fissa e variabile. E nemmeno se i comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti prodotti, hanno introdotto al posto della Tari una tariffa avente natura corrispettiva. L’istanza non richiede particolari formalità – i moduli si trovano sul sito dei Comuni ma anche i consumatori li stanno pubblicando sui loro siti – e va proposta entro cinque anni dal giorno del versamento.
Non basta ai consumatori che attaccano: "Bene il chiarimento" del ministero dell'Economia sulla Tari "ma è evidente che la Tari gonfiata va restituita direttamente dai comuni, senza bisogno che il contribuente sia costretto a chiedere il rimborso o a procedere a complicatissimi calcoli per calcolare il giusto importo della Tari".