Siena, 11 settembre 2016 - AL MOMENTO ci troviamo ancora nel campo dell’informalità. Ma l’ufficioso, in questi casi, suona quasi come un’incoronazione. È arrivato nel tardo pomeriggio di ieri, dopo 48 ore di felpate trattative, il lasciapassare – informale, dicevamo – della Bce al nome di Marco Morelli come successore dell’ad dimissionario Fabrizio Viola, per quattro anni alla guida del Monte dei Paschi di Siena.
FRANCOFORTE avrebbe dunque detto «sì» – invero senza troppe sorprese – all’attuale numero uno di Bofa Merrill Lynch, fin da subito il più papabile fra i papabili nella rosa di candidati alla successione sullo scranno della Rocca. In parte anche per mancanza d’alternativa. Sarebbero state molto tiepide, infatti, le reazioni degli altri componenti della triade originariamente vagliata (Giampiero Maioli e Roberto Nicastro, oltre a Morelli) di fronte alla proposta di un trasferimento in quel di Siena.
Al presidente Mps Massimo Tononi e ad Alessandro Falciai del comitato nomine il compito di individuare i profili giusti, vagliati insieme al team di cacciatori di teste di Egon Zehnder.
MORELLI avrebbe incontrato il favore non solo degli investitori statunitensi capofila nella partita della cartolarizzazione, Jp Morgan in testa, ma anche del Governo, che avrebbe avuto un ruolo non secondario – insieme alla banca d’affari americana – nelle dimissioni di Viola, poco gradito oltreoceano, stando alle indiscrezioni che si sono diffuse dopo la sua dipartita. «Tensioni fra l’ex ad e Jp Morgan? Non mi risulta», ha però precisato il ministro Pier Carlo Padoan, che ha poi lodato «l’impegno e il lavoro di Viola in Mps».
Morelli, infine, sarebbe stato sponsorizzato (calorosamente) da Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri (associazione Fondazioni) che partecipa in Atlante per oltre mezzo miliardo di euro. Con questi assist e credenziali, il benestare dell’istituto di Mario Draghi diventa un passaggio inevitabile sul piano formale ma in un certo senso scontato che già domani potrebbe essere definito in maniera formale. Morelli ha un passato settennale in Mps fino al 2010: nella banca, in cui ha ricoperto anche l’incarico di vice direttore generale, ha gestito l’acquisizione di Antonveneta dal Santander, finendo poi nel tritacarne delle inchieste giudiziarie che ne sono scaturite, per uscirne con un’archiviazione. Nel curriculum, anche Intesa Sanpaolo (per cui è stato dg vicario) e la Banca dei territori. Ora, se verrà confermato, avrà il compito non semplice di tirarla fuori dall’impasse dei crediti deteriorati (27 miliardi lordi) con un piano di smaltimento e ricapitalizzazione messo in discussione dagli ultimi accadimenti e che non è escluso possa essere rivisto (anche drasticamente) .
L’UNICA certezza sembra essere quella di uno slittamento dei tempi della ricapitalizzazione e del piano industriale (che doveva essere approvato il 26 settembre): entrambi potrebbero essere spostati al 2017. La stessa direzione su cui anche Viola stava lavorando. Ma, si sa, risolvere il nodo Mps è una questione di sistema. «La proprietà di Mps e delle good banks è meno rilevante dell’obiettivo generale della stabilità finanziaria in Italia e in Europa», ha chiosato ieri il direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi.