Roma, 7 dicembre 2016 - FIDUCIA senza modifiche e via libera alla manovra già oggi. Il tutto in meno di 24 ore. Saltano, dunque, tutti quei capitoli rinviati all’esame del Senato, a partire dagli enti locali, l’estensione dell’ecobonus, le misure sulle banche, i giochi e pure gli 85 euro agli statali che, alla fine, non sono bastati a far vincere il referendum. Per il rinnovo dei contratti degli statali, sul quale c’è solo un pre accordo, la manovra stanzia infatti risorse solo per il 2017. L’esame lampo della legge di Bilancio a palazzo Madama consente a Matteo Renzi di presentarsi da dimissionario alla direzione Pd di oggi pomeriggio ma, di fatto, nega ai senatori appena salvati dalla tagliola della riforma costituzionale la possibilità di esprimersi sul testo. Tra le proteste inascoltate delle opposizioni, con le quali si schiera anche Ala, e qualche maldipancia in Ncd (Formigoni e un altro paio di senatori).
NULLA che possa realmente pregiudicare il disco verde alla fiducia, anche perché Renzi è deciso a tirare dritto come un treno: bocciata dalla Capigruppo la richiesta delle opposizioni di un rinvio del voto per un’analisi più approfondita, questa mattina il provvedimento approderà in aula e sarà votata la fiducia entro il pomeriggio. Una fiducia tecnica sull’articolo 1 del disegno di legge (che contiene la manovra), funzionale a fare cadere gli oltre 500 emendamenti presentati ieri sera in Commissione Bilancio. Lo scenario di un esercizio provvisorio (che, comunque, scatterebbe qualora la manovra non venisse approvata entro il 31 dicembre) con annesso scongelamento degli aumenti Iva è decisamente remoto. Detto questo, ci sono tutta una serie di nodi irrisolti che finiranno sul tavolo del governo post Renzi, magari recuperati in un decreto omnibus da licenziare entro fine anno assieme al Milleproroghe. Sempre oggi, dovrebbe invece essere approvato definitivamente il decreto terremoto, come assicurato dallo stesso Renzi.
In stand by è finita la ripartizione del fondo da circa tre miliardi per gli enti locali con lo stop dei tagli a carico di Province e Città metropolitane, finirà in un Dpcm (decreto della presidenza del consiglio) che verrà approvato oggi subito dopo la manovra. Niente da fare invece per l’innalzamento del 75% del turn over del personale. Stessa sorte per l’estensione del bonus edilizio, con la possibilità per i proprietari incapienti di cedere i crediti alle banche. A proposito di banche, gli istituti di credito, che hanno contribuito con 1,8 miliardi al fondo di risoluzione per salvare le 4 banche, si ritroveranno una tranche aggiuntiva da versare per permettere la chiusura dell’acquisto delle good bank (3 su 4) da parte di Ubi ma la crisi di governo ha lasciato in sospeso le misure che prevedevano di spalmare gli oneri su cinque anni.
BISOGNERÀ poi attendere ancora anche per la riduzione del 30% delle slot presenti nei bar e nei tabacchi, altrimenti prevista per il 2019, così come resta al palo il finanziamento delle tv locali e una norma ad hoc per la Rai che consenta di escluderla dai tagli a carico delle pubbliche amministrazioni. E pure la questione Ilva, con i 50 milioni per l’emergenza sanitaria a Taranto spariti alla Camera tra polemiche e scaricabarile. Niente da fare anche per il capitolo Anas: «Il contenzioso – assicura il presidente Gianni Vittorio Armani – lo Stato lo pagherà. Se non ci saranno modifiche alla manovra sarà il prossimo governo a occuparsene». Intanto, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha disertato anche ieri l’Ecofin, inchiodato a Via XX Settembre tra l’urgenza di accelerare i tempi della legge di Bilancio e la ricapitalizzazione di Mps che rischia di comportare un intervento pubblico. Bruxelles osserva, fino a primavera.