Palermo, 22 novembre 2017 - E si è compiuto l'ultimo viaggio del padrino Totò Riina. Molo 'blindato' stamattina alle 6,30 al porto di Palermo, con la presenza di polizia, carabinieri e guardia di finanza per l'attracco del traghetto "Vincenzo Florio" della Tirrenia che ha trasportato il feretro del boss, morto a Parma venerdì scorso. Ieri il carro funebre era partito da Parma ed era stato imbarcato a Napoli. Terminate le operazioni di attracco al molo Sammuzzo, si sono aperti i due portelloni posteriori per la discesa dei mezzi dalla pancia della nave: il carro funebre è stato seguito dall'auto dei familiari del capomafia, la vedova Ninetta Bagarella, vestita a lutto, e tre dei quattro figli: Lucia, Concetta e Salvuccio. Giovanni, il primogenito, è detenuto.
Il carro funebre si è diretto poi nella natia Corleone per la sepoltura, tappa finale dell'ultimo viaggio del padrino. Qui la salma del boss è stata fatta entrare dall'ingresso laterale per evitare i fotografi e i giornalisti. E il genero Tony Ciavarello, marito di Maria Concetta Riina, riferendosi a quanto avvenuto dopo la tumulazione della salma del boss, ha scritto su Facebook: "Un grazie di cuore alla Polizia per il servizio d'ordine, Grazie!". "Come al solito - ha commentato il genero di Riina - siamo stati assaltati dai 'cronisti' all'uscita del cimitero...".
CERIMONIA LAMPO - La bara con le spoglie di Riina è arrivata al camposanto intorno alle 8.15 e mezz'ora dopo era già tutto finito. Una semplice benedizione impartita all'interno della cappella del cimitero da un sacerdote ha posto la parola fine alla parabola del feroce padrino di Cosa nostra. Il prete è subito andato via e si è proceduto alla sepoltura. Dopo la tumulazione, i familiari del padrino hanno lasciato il cimitero. Ninetta Bagarella è uscita accompagnata sotto braccio dal figlio Giuseppe Salvatore. Poi Maria Concetta e Lucia in lacrime. La vedova del boss ha fatto il segno della croce davanti alla tomba, a tumulazione avvenuta. Il primo a lasciare il cimitero è stato il cappellano, contattato dalla prefettura, e che ha impartito la benedizione alla salma richiesta dalla famiglia.
A pochi metri dalla tomba di Riina c'è quella di Bernardo Provenzano, boss che con lui scalò i vertici di Cosa nostra e fece di Corleone la capitale della mafia. Luciano Liggio, il suo "maestro", è sepolto qualche metro più in là, e sempre a breve distanza riposa Placido Rizzotto, sindacalista che la ferocia dei boss corleonesi l'ha pagata con la vita. Bene e male insieme nello stesso luogo.
L'ARCIDIOCESI - Sull'home page dell'arcidiocesi di Monreale continua a campeggiare la netta posizione della Chiesa contro la mafia, espressa dall'arcivescovo Michele Pennisi. "Con la sua morte - si legge - è finito il delirio di onnipotenza del capo dei capi di Cosa nostra, ma la mafia non è stata sconfitta e quindi non bisogna abbassare la guardia. Il compito della Chiesa è quello di educare le coscienze alla giustizia e alla legalità e di contrastare la mentalità mafiosa". Poi un intervento dello stesso prelato sulla "Scomunica dei mafiosi", con una foto il cui messaggio è chiaro e dà il senso dell'insistenza con cui il sito della curia dà spazio alla netta posizione della Chiesa: "Il silenzio è mafia". Insomma, non si può tacere da che parte stare e la comunità ecclesiale da tempo ha deciso. La novità che emerge dalle parole pronunciate da Papa Francesco, scrive Pennisi, "è l'esplicita condanna del comportamento mafioso con la commissione individuale di determinati atti criminali tipici della mafia, e non solo, ma anche la stessa appartenenza all'organizzazione mafiosa".