Milano, 26 febbraio 2017 - "Le spiego con un esempio la situazione italiana del mercato del lavoro. Continuiamo a formare ogni anno 23mila architetti, che hanno un tasso di occupazione inferiore al 40 per cento. Mentre il Politecnico di Milano, a ingegneria informatica, sforna solo 200 laureati l’anno: il 100 per cento occupati. 200 e 23mila. Numeri incredibili che dicono tutto". Davide Dattoli è il re Mida del digitale italiano. Un re Mida bambino. A 26 anni è il Ceo di Talent Garden (Tag), la più grande rete europea di co-working, che ha fondato quando ne aveva soltanto 20. Oggi è alla testa di una realtà internazionale dell’innovazione digitale che offre ai giovani dei campus avveneristici, spazi in cui condividere esperienze, progetti, corsi. Per crescere professionalmente e, soprattutto, per fare il nuovo business.
Numeri che dicono che è necessario rovesciare la vecchia prospettiva.
"Assolutamente. Solo l’anno scorso noi di Tag abbiamo formato più di 250 ragazzi e il tasso di occupazione è stato del 100 per cento". I percorsi di formazione di Dattoli funzionano perché sono calibrati sulle reali esigenze del mondo del lavoro. Lo schema è semplice: se le principali realtà dell’innovazione, in tutti i campi, si interfacciano con Tag, diventa facile capire dove tira il vento e dove instradare i propri talenti.
Quali sono queste nuove professioni e come ci si arriva?
"Sviluppatori di software, esperti di e-commerce, di design digitale, di dati, di digital marketing. Figure di cui le aziende hanno davvero bisogno. Non i 23mila architetti. Quanto al come arrivarci, puntiamo su corsi molto brevi, full time, che portano ad acquisire conoscenze che servono. I ragazzi devono subito applicare le materie nelle imprese e capire che qualsiasi carriera oggi è itinerante. La formazione dev’essere sempre più veloce. Cambierò il mio lavoro 4-5 volte nella vita e lo studio non può più essere di tre anni, ma di 12-15 settimane. Sono modelli che vediamo e intercettiamo dagli Stati Uniti, che stanno cambiando il mondo dell’educazione".
A proposito di Stati Uniti: Matteo Renzi è stato in California per studiare il modello della Silicon Valley...
"Ha fatto bene. Ci dovrebbero andare di più tutti i politici. Quello rimane ancora un grande faro a livello internazionale. Il problema è quando tornano, perché il tema vero è capire come possiamo trasferire quel modello in Italia. Il tasso di accelerazione che le nostre imprese devono sopportare è elevatissimo. Noi proponiamo un percorso, ‘Digital per il made in Italy’: 12 settimane in cui insegniamo ad applicare l’innovazione nelle Pmi italiane, perché il digitale sta modificando i settori più tradizionali: food, manifattura, automotive, pubblica amministrazione".
Ma l’Italia è pronta per entrare nel futuro? Non le sembra che siamo troppo indietro?
"Quella fantastica Silicon Valley è il luogo dove molti nostri talenti vorrebbero andare. Per molti settori però ha molto più senso rimanere in Italia. Bisogna costruire una rete di distretti industriali sul tema della tecnologia e dell’innovazione. È quello che stiamo facendo. Mettiamo vicino professionisti, aziende, startup, che da noi emergono eccome".
E se non si è appassionati di tecnologia?
"Ma guardi che l’innovazione digitale non è un settore a parte, si inserisce in tutti i mondi, indipendentemente da cosa si vuol fare, e ne accelera lo sviluppo. Si tratta di capire che l’intersezione fra nuove tecnologie e un dato settore sta cambiando quel settore: è lì che il giovane deve costruire il proprio futuro. Se sono appassionato di moda, bisogna capire come la moda, grazie alla tecnologia, cambierà nei prossimi anni. Ma la passione per qualcosa rimane l’elemento cardine".