Roma, 14 ottobre 2016 - Nessuno stupore, please . Nella categoria Nobel stravaganti, c’è posto anche per Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan. È quasi un passaggio di testimone con Dario Fo, che lo vinse nel ’97. Allora i giurati svedesi equipararono un attore a un letterato, oggi fanno altrettanto con un cantautore. Entrambi, Dylan e Fo, di grande spessore, s’intenda. Ma di altra categoria. Cultori della parola, frequentatori della poesia, produttori di emozioni. Se basta questo per essere un Nobel della Letteratura, dobbiamo pretendere (o temere) che lo vincano anche Charles Aznavour, Paolo Rossi , Gino Paoli, Francesco Guccini, Leonard Cohen e via esagerando. Hanno o no, anche loro come Dylan, creato «una nuova espressione poetica»? Speriamo che i giurati non si sintonizzino nottetempo con la Rai, perché quel «si faccia una domanda e si dia una risposta» di Marzullo potrebbe essere scambiata per un’altra espressione poetica ad uso e consumo di generazioni.
D’accordo , è un paradosso. Ma come definire l’esclusione dalla vittoria di scrittori come Roth, Murakami, DeLillo, Adonis, oppure quella di Eco? Non sappiamo con quale freddura quest’ultimo avrebbe commentato la sua bocciatura, sappiamo però come lo scrittore giapponese ha reagito sul suo Facebook: «Non dispiacerti per te stesso. Solo gli str... lo fanno». “Corporale” anche il commento di Irvine Welsh: «Sono un fan di Dylan, ma questo è un premio nostalgia mal concepito strappato dalla prostata rancida di vecchi hippies balbettanti».
Valerio Magrelli dà voce alla delusione made in Italy: «Non vedo il bisogno di correre in aiuto delle star, dei divi del rock, con un premio Nobel». Alessandro Baricco – scrittore fortunatamente non in odore di Nobel – dice che il premio di quest’anno non c’entra con la letteratura ma ricorda più un Grammy Award. Siamo però costretti a dolercene senza uso di strali, poiché nel 2013 l’ex prestigioso riconoscimento ha rischiato di essere l’quivalente di un Festival di Sanremo: il candidato italiano era Roberto Vecchioni. La canzone è una forma di arte, si disse allora. Vero. Ma è ancora più vero che il Nobel per la Letteratura 2016 è una forma di stravaganza. Dopo il giullare italiano, il menestrello americano.Trovarli in compagnia di Carducci, Deledda, Montale, Quasimodo, Faulkner, Singer, Hemingway, Bellow, fa un certo effetto. Mettiamo un disco di Dylan, e consoliamoci.