Pesaro, 19 novembre 2016 - Il film sulla storia di Lucia Annibali sta per essere trasmesso su Rai 1: in prima serata, martedì prossimo. Sarà Cristiana Capotondi a interpretare l’avvocatessa sfregiata dall’acido, e c’è chi si metterà seduto in poltrona davanti alla tvcon l’angoscia nel cuore. Saranno in tanti in quella condizione, ma lei l’ha messo per iscritto. È la compagna di Luca Varani, condannato a vent’anni di carcere in via definitiva per esser stato il mandante dell’agguato alla sua ex. La donna, che ha 40 anni ed è sempre stata nell’ombra, ha avuto una figlia quando il suo uomo era già in carcere. Ora teme che il film Io ci sono, dopo il libro di Lucia, possa caderle addosso trovandola impreparata a difendersi. Da qui la richiesta di vedere in anteprima il film, per verificare se è stata esclusa la sua figura, e quella della figlia. In caso contrario, chiederà il sequestro della fiction. Lo ha fatto sapere alla produzione Bibi film tv fin dal giugno scorso, ha poi scritto a tutti – al regista Luciano Manuzzi, alla direzione Rai, a vari dirigenti, all’ufficio legale, al difensore civico regionale, a una fondazione, recapitando lettere a esponenti politici, chiedendo aiuto a difendere la sua privacy e quella della bambina. La richiesta di una visione privata dell’anteprima non è stata accolta.
Lucia Annibali, la storia: dal dramma al film
La lettera, anzi le lettere, a cui sono seguite numerose risposte dai vari interlocutori chiamati in causa, parlano della condizione di compagna di Varani e mamma di una bimba che deve crescere al riparo da ciò che è accaduto, e che ha visto protagonista il padre. Non vuole che venga trascinata nelle cronache che raccontano i drammatici fatti del 16 aprile 2013, quando la compagna di Varani si è trovata i carabinieri alla porta che cercavano il suo uomo. Poco prima, Lucia Annibali era stata aggredita in casa con l’acido. Per l’agguato, Luca Varani è stato condannato in via definitiva a 20 anni quale mandante dei sicari: una «vendetta» scrivono giudici per la fine mai accettata di quella storia sentimentale. E proprio in un’intervista televisiva, Luca Varani riconobbe di non aver avuto la forza di dire no agli esecutori.
Ma quello che dice ora la compagna con le sue lettere è che le conseguenze di quella scelta si sono abbattute su due donne: Lucia Annibali e lei. Se la prima ha avuto il coraggio di ricominciare, la seconda si è ritrovata sola con sua figlia (sostenuta dall’affetto della propria famiglia e di quella di Luca Varani) in una città che le ha voltato le spalle. Si sente evitata, forse derisa, messa all’indice. Ora la compagna di Varani chiede alla produzione Rai, ma in realtà sembra rivolgersi a tutti coloro che possano aiutarla, di «staccarla» da quel destino di dolore. Anche lei, sembra dire nella lettera inviata alla Rai, vorrebbe «rinascere» come è riuscita a fare coraggiosamente Lucia Annibali. Invece vede le amicizie assottigliarsi, e così per i genitori, si sente vittima di una violenza quotidiana che non si vede a occhio nudo ma che c’è e picchia forte.
Lei non ha mai urlato la sua disperazione. «Ma ciò che indigna – scrive – è che la fiction vuol esser un monito per tutte le donne vittime di violenza. Ma io e mia figlia non siamo abbastanza vittime di violenza? Anche questa ci dobbiamo sobbarcare?» I legali della produzione hanno risposto: «La stessa Lucia Annibali si è preoccupata col regista di tutelare al massimo i familiari di Varani, escludendoli dalla narrativa del film». Ed è difficile dire no a una richiesta di Lucia.