Roma, 19 agosto 2016 - Che sia mucca, pesce rosso, cane o cavallo, avere un animale in una città piuttosto che in un’altra può fare una certa differenza. Le norme cambiano. Alla luce della tragedia accaduta in provincia di Catania (il bimbo sbranato da un dogo) in rete si è risvegliata la protesta delle associazioni che del patentino per padroni di animali domestici, mai introdotto, hanno fatto la loro bandiera. In Italia il rapporto uomo-cane deve fare i conti con una giungla burocratica, con regolamenti emanati a tappeto e diversi da città a città, da paese a paese, in cui districarsi è spesso un rompicapo.
Per quanto riguarda Fido, almeno sui principi basilari, praticamente in tutto lo Stivale i regolamenti si equivalgono: non esiste Comune dove non sia espressamente specificato che l’animale debba essere accudito con garanzia di cibo, acqua e possibilità di movimento all’aria aperta. Per la sicurezza delle persone è sempre indicata la necessità di utilizzare guinzaglio e museruola per cani di grossa taglia quando si tratta di salire a bordo di mezzi di trasporto pubblici o in alcuni parchi frequentati dai bambini.
Le eccezioni, però, non mancano: a Ravenna, per esempio, non sono indicati parametri specifici per recinti e box - presenti invece quasi ovunque - mentre si trova una sanzione, tra i 150 e i 450 euro, per chi decidesse di cambiare colore al pelo del proprio cane. Vietato praticamente ovunque l’utilizzo di animali per accattonaggio o guardia alla catena: pena anche il sequestro dell’animale. A Milano l’ordine dei veterinari ha fatto un passo avanti chiedendo lo scorso aprile, quindi in piena campagna elettorale, l’introduzione di una app che segnali gli studi veterinari convenzionati, il rilascio di un patentino per i conduttori di cani, ma anche il rilancio degli ippodromi per avvicinare le famiglie ai cavalli. Ora toccherà alla nuova Giunta valutarlo. E se per migliorare le condizioni di vita degli animali e combattere il randagismo il Comune di Capaccio Paestum (Salerno) sovvenziona l’adozione di un cane con 600 euro, il sindaco di Monterosso Almo (Ragusa) solo cinque giorni fa ha emesso un’ordinanza che autorizza le forze dell’ordine a sparare e abbattere bovini e ovini che vagano per le strade. In Lombardia le nutrie, ritenute fonte di danno per coltivazioni e corsi d’acqua, possono essere eliminate con gas, pistole ad aria compressa o, per chi se la sente e ha una buona mira, anche con fionde e balestre. A Monza, cuore della Brianza, nel 2004 il Comune deliberò il divieto delle tradizionali vasche sferiche per i pesci rossi, mentre a Torino, come Lecco e numerosi altri capoluoghi, i gatti hanno garantita la propria libertà di vivere in colonie, anche in spazi pubblici, con il divieto assoluto per l’uomo di disturbarli o costringerli a sloggiare.
Anche gli animali da circo, dopo decenni di gabbie e sedativi, hanno visto i Comuni muoversi in loro difesa. Se a Milano, fino allo scorso anno, non erano graditi i circhi con animali, il mese scorso Fano, ad esempio, ha approvato un regolamento che impone ai circensi di sottoporsi a controllo da parte della guardie zoofile per verificare che non addestrino con metodi violenti gli animali o li tengano in gabbie anguste. E se per gli animali il posto dove nascere resta in Italia discriminante su diritti e doveri, l’imperativo per l’uomo resta il medesimo: informarsi perché l’amore o l’incuria non siano movente di tragedie.