Venerdì 22 Novembre 2024
VERONICA PASSERI
Cronaca

Scuola, in cattedra troppi furbetti della 104

Il 13% dei prof usa i 3 giorni retribuiti al mese per parenti disabili: 9 volte in più dei lavoratori privati. La ministra Fedeli: via ai controlli incrociati

Professore alla lavagna (Archivio)

Professore alla lavagna (Archivio)

Roma, 19 luglio 2017 - Permessi retribuiti per tre giorni al mese per accudire parenti affetti da disabilità. Una norma di civiltà prevista dalla legge 104 del 1992 che però, nel mondo della scuola, ha dato vita al poco civile fenomeno dei ‘furbetti’. Gli insegnanti a tempo indeterminato, infatti, usufruiscono di questi benefici in una percentuale di quasi nove volte superiore rispetto ai lavoratori del settore privato, dove solo l’1,5% ricorre a questa possibilità. Una differenza così eclatante da far nascere sospetti. Anche e soprattutto al Ministero dell’Istruzione dove la ministra Valeria Fedeli ha annunciato una ‘stretta’.

A breve partirà un tavolo tra Miur, Inps, ministero della Salute e Regioni – soggetti a cui la Fedeli ha già scritto ottenendo una risposta positiva a collaborare – che metterà in piedi una rete a maglie molto strette con «strategie di monitoraggio e controllo dei benefici fruiti in base alla 104». Basterà? Di certo si potrà fare un po’ di chiarezza su tante situazioni venute alla ribalta della cronaca e su dati che fanno nascere più di un dubbio.

Gli ultimi numeri a disposizione del Miur sull’utilizzo dei permessi previsti dalla 104 sono contenuti in un report del 2016 e al ministero di viale Trastevere spiegano che la tendenza è confermata anche quest’anno. Usufruisce, dunque, della 104 intorno al 13% dei docenti di ruolo e il 5% dei supplenti, ovvero degli insegnanti precari. Ecco qui la prima distanza che fa sorgere qualche sospetto. E tra i dipendenti statali, secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato, c’è un altro comparto, spesso sotto i riflettori, nel quale il ricorso alla 104 supera la stima del 13% dei lavoratori: la sanità. Sempre sopra il 10%, che è la media finora stimata di beneficiari della 104 nel settore pubblico, i comparti dei lavoratori delle Regioni e anche dei Ministeri.

«La ‘stretta’ sulla 104? Non capisco cosa vuol dire – attacca Pino Turi segretario della Uil scuola - perché chi ha diritto ad averla deve poterla ottenere, chi non ha diritto no. Basta. Quando si parla di stretta temo sempre che si tratti di un modo per impedire l’utilizzo di un diritto e quando è così ci vanno di mezzo le persone perbene». Nel pianeta scuola il ricorso alla 104 è diffusissimo al Sud, con percentuali doppie rispetto al Nord. Primeggia la Sardegna con quasi due docenti su dieci (il 18,7%), seguita da Umbria (17,1%), Sicilia (16,7%), Lazio (16,3%), Puglia (15,9%), Campania (15,7%). All’opposto il Piemonte dove solo l’8,26% degli insegnanti ha la 104 mentre anche Toscana e Veneto sono sotto la soglia del 10%. Sul fronte del personale Ata la percentuale media dei richiedenti è del 17%, mentre la regione con il maggior numero di beneficiari è l’Umbria con il 26,7%.

Ma non basta. Gli eventuali ‘furbetti’ oltre a godere, senza averne i requisiti, di permessi retribuiti hanno anche agevolazioni nelle graduatorie scolastiche. Ovvero a parità di punteggio chi ha riconosciuta la 104 ha la precedenza sugli altri, sia nella scelta della scuola, sia nell’entrata in ruolo. Non solo: la 104 consente di evitare di perdere il posto e di essere trasferito. Insomma, una pacchia. Che ha suscitato, in tempi di ‘docenti migranti’ per ottenere un’immissione in ruolo, non poche polemiche e malumori. Per non parlare del fatto che i permessi della 104 non possono essere messi a supplenza, così a rimetterci, con le ore di lezione scoperte, sono i ragazzi e le famiglie.

Tre anni fa fece scandalo il caso di Agrigento dove all’Istituto Santi Bivona di Menfi, 70 insegnanti su 170, praticamente il 40%, avevano la 104. Ma è proprio il sistema di analisi e di valutazioni per la concessione di questi permessi che fa riflettere e da più parti è stata richiesta una revisione. Un dubbio su tutti: ai genitori di figli celiaci viene spesso riconosciuto questo beneficio anche se la patologia in questione è di certo fastidiosa ma difficilmente definibile come fortemente invalidante.