Milano, 24 dicembre 2016 - Il killer di Berlino è morto. Ucciso da due colpi esplosi dalla pistola d’ordinanza del poliziotto Luca Scatà. La fuga di Anis Amri, il tunisino di 24 anni alla guida del tir che lunedì scorso ha falciato 12 persone ai mercatini di Natale di Breitscheidplatz, si è fermata alle 3 di ieri notte fuori dalla stazione di Sesto San Giovanni, a due passi da Milano. Un fantasma per quattro giorni. Inseguito in tutta Europa. Ecco il film delle sue ultime ore, secondo i primi accertamenti compiuti dagli esperti dell’Antiterrorismo della Digos. Amri parte in treno giovedì dalla francese Chambery in Alta Savoia (non è ancora chiaro come e quando sia riuscito a passare il confine con la Germania) e arriva alla stazione di Torino Porta Nuova (il biglietto è stato rinvenuto nel suo zainetto). Scende e prende un regionale diretto allo scalo ferroviario di Milano Porta Garibaldi con arrivo a metà serata.
QUALCHE ora dopo, verso l’una di notte, viene ripreso alla Stazione Centrale da una delle telecamere di videosorveglianza. Passa qualche minuto e rieccolo su uno dei bus sostitutivi che a quell’ora suppliscono alla chiusura della rete metropolitana (in particolare della linea rossa). Destinazione: Sesto San Giovanni. Perché proprio Sesto? «Materia oggetto di indagine», taglia corto il questore Antonio De Iesu. Una pista battuta dagli inquirenti tende ad avvalorare l’ipotesi che Amri non dovesse incontrare nessuno tra Milano e hinterland: mai controllato in città lui, mai controllati i balordi di piccolo cabotaggio con i quali era entrato in contatto nel suo peregrinare tra le carceri italiane andato avanti per 4 anni.
Le ultime ore in Italia di Anis Amri. Ai poliziotti: "Sono calabrese"
PIUTTOSTO sembra che il tunisino abbia scelto Sesto perché dotata di una stazione degli autobus per lunghe tratte meno controllata degli altri due terminal milanesi più frequentati (Lampugnano e Cascina Gobba). Uno snodo che si trova a 200 metri dal luogo in cui viene intercettato dall’equipaggio dell’Alfa Sesto, la volante del commissariato di zona: il capomacchina Cristian Movio, agente scelto di 36 anni con un’esperienza quasi decennale sulla strada, e l’autista Luca Scatà, agente in prova di 29 anni. Un normale servizio di controllo del territorio davanti alla stazione ferroviaria della città. Sono le 3. Movio scende dall’auto e si avvicina a quel ragazzo che se ne sta solo sul marciapiedi davanti ai taxi: «Mi fa vedere i documenti?», gli chiede. Amri risponde in un buon italiano che però tradisce l’origine nordafricana: «Non ce li ho, sono di Reggio Calabria», e magari era proprio lì che voleva andare.
Amri giura fedeltà all'Isis prima dell'attentato / VIDEO
MOVIO non si fida e gli chiede di svuotare lo zainetto sul cofano della macchina. Il tunisino, fin lì tranquillo, tira fuori la pistola – una calibro 22 di fabbricazione tedesca – e spara contro l’agente scelto: Movio viene colpito in maniera non grave alla spalla. «Poliziotti di m..., andate a f...», urla. A quel punto, entra in scena Scatà. L’autista scende e si acquatta dietro la parte posteriore della volante. Secondi infiniti. L’agente in prova si alza di scatto e spara due volte, come gli ha ordinato il suo capomacchina: un colpo ferisce l’aggressore all’emitorace destro, un altro all’addome. Amri è a terra, morirà alle 4 nonostante il tentativo di rianimarlo dei sanitari del 118 con flebo e sondino per l’ossigeno. I due poliziotti avvertono la centrale. E in mattinata, dai controlli sulle impronte digitali, si scopre quello che nessuno immaginava: è Anis Amri, l’autore della strage di Berlino. Senza telefono. Senza documenti. Addosso aveva tre paia di pantaloni uno sopra l’altro perché dormiva in strada. In tasca 410 euro e un coltellino. Nello zainetto nessun foglio di rivendicazione né altri scritti. Una Sim olandese. Uno spazzolino. Un dentifricio. Una coperta tipo «metallina» di quelle che si usano per ripararsi dal freddo. Un uomo braccato che stava cercando verosimilmente di procurarsi denaro e un documento falso per sparire nel nulla. «Una scheggia impazzita – lo definisce De Iesu –. Un latitante pericolosissimo, che da libero avrebbe potuto compiere altri attentati». È stato bloccato prima.