Venerdì 10 Maggio 2024
BENEDETTA SALSI
Cronaca

Il delitto di Saman Estradato il papà, l’arrivo in Italia Il ministro Nordio: "Ora giustizia"

Shabbar Abbas, imputato per l’omicidio, torna dal Pakistan: era scappato nel maggio 2021. Nella notte lo sbarco a Ciampino. La figlia era stata uccisa per aver rifiutato le nozze combinate.

Il delitto di Saman   Estradato il papà, l’arrivo in Italia  Il ministro Nordio: "Ora giustizia"

Il delitto di Saman Estradato il papà, l’arrivo in Italia Il ministro Nordio: "Ora giustizia"

di Benedetta Salsi

È passato dal negare la morte della figlia, dicendo di essere ancora in contatto con lei su Instagram, ad accusare i servizi sociali italiani di averla rapita o il fidanzato inviso di averla fatta sparire per chiedere un riscatto. Ora Shabbar Abbas, 47 anni, tunica color tortora, ciabatte e grandi baffi neri, potrà dire la sua versione definitiva davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia, che lo sta processando per l’omicidio, il sequestro di persona e l’occultamento del cadavere della figlia Saman, nelle campagne di Novellara. Uccisa a 18 anni per essersi ribellata a un matrimonio combinato con un cugino.

Lo hanno caricato ieri su un aereo italiano al culmine di un lunghissimo processo di estradizione destinato a riscrivere la storia delle relazioni internazionali fra Italia e Pakistan. Un risultato insperato, frutto di un imponente e logorante lavoro diplomatico, partito all’indomani del suo arresto. Abbas era scappato dall’Italia poche ore dopo il delitto, il 1° maggio 2021, dall’aeroporto della Malpensa assieme alla moglie Nazia. Un anno e mezzo di latitanza in patria, libero di capeggiare parate religiose nel suo Paese natio; poi la cattura, il 15 novembre scorso, nella regione del Punjab, su mandato internazionale.

Da lì, un percorso ancora in salita. Sono seguiti oltre 30 rinvii delle udienze per discutere la legittimità della richiesta del ministero della Giustizia italiana, per arrivare il 4 luglio scorso al primo parere favorevole: quello della magistratura pakistana. Ma mancava ancora all’appello la delibera fondamentale, quella politica, non essendoci accordi bilaterali sul punto fra Italia e Pakistan. L’accelerata è arrivata nelle scorse ore, con l’assenso del governo e la consegna dell’uomo nelle mani del comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Emilia, Maurizio Pallante, volato fino a Islamabad per accompagnarlo fin sulla scaletta dell’aereo.

Ora all’appello manca solo la moglie Nazia Shaheen, ancora latitante, forse protetta in patria da parentele influenti. Quella madre che, stando alle ricostruzioni, è stata fondamentale per indurre la figlia Saman a cadere nel tranello che l’ha portata alla morte, approfittando della sua fiducia incondizionata.

Alla sbarra, accusati in concorso della barbara uccisione della ragazza, nel processo che si sta svolgendo nel tribunale di Reggio Emilia (che riprenderà l’8 settembre), ci sono i due genitori, ma anche lo zio Danish Hasnain e i due cugini di Saman, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, tutti arrestati nei mesi seguenti al delitto in Francia e Spagna. Fu proprio lo zio, poche ore prima che Shabbar venisse trovato in Pakistan, a indicare agli inquirenti dove fosse sepolto il corpo della povera ragazza: sotto due metri di terra, in un rudere a pochi passi dalla casa in cui aveva vissuto con la famiglia a Novellara.

Questo è "un passo in avanti affinché, dopo un atroce delitto, la giustizia possa compiere fino in fondo il suo percorso", ha detto ieri il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ringraziando poi telefonicamente per la collaborazione nella procedura il procuratore capo di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci e i ministri dell’Interno, Matteo Piantedosi, e degli Esteri, Antonio Tajani. Quanto avvenuto è "frutto anche di un grande lavoro diplomatico. Grazie al Pakistan per la cooperazione. Ora la giustizia farà il suo corso", ha scritto lo stesso vicepremier. Shabbar Abbas, partito nel pomeriggio di ieri, era atteso nella notte a Ciampino, per poi essere portato nel carcere di Rebibbia, prima del definitivo trasferimento in un carcere emiliano.

"È un passo avanti importante per consentire alla giustizia di fare il suo corso. È il frutto della grande e costante determinazione dimostrata in questo caso così delicato e complesso da tutte le autorità italiane. Determinazione, lavoro e impegno che hanno dato frutti e che, unitamente alla collaborazione mostrata dalle autorità pakistane, ci permettono ora di ottenere questo obiettivo così significativo", ha commentato infine la premier Giorgia Meloni.