Martedì 24 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Violenza in famiglia, la Corte di Strasburgo condanna l'Italia

"Non è stato fatto abbastanza contro le violenze di un padre". Il caso si riferisce a quanto avvenuto a Remanzacco nel 2013, quando il marito di Elisaveta Talpis uccise il figlio 19enne e tentò di uccidere anche la madre. Ma la procura si difende: "La donna si allontanò da Centro antiviolenza"

Violenza sulle donne, Corte di Strasburgo condanna l'Italia (Businesspress)

Strasburgo, 2 marzo 2017 - Condanna per l'Italia. La Corte europea dei diritti umani accusa le autorità di non aver agito con sufficiente rapidità per proteggere una donna e suo figlio dagli atti di violenza domestica perpetrati dal marito, che hanno poi portato all'assassinio del ragazzo e al tentato omicidio della moglie. Il caso si riferisce a quanto avvenuto a Remanzacco, in provincia di Udine, il 26 novembre del 2013 quando il marito - ora in prigione - di Elisaveta Talpis uccise il figlio diciannovenne e tentò di uccidere anche la madre. La furia si scatenò dopo che la signora aveva denunciato il marito e ripetute richieste di intervento rivolte alle autorità anche da parte dei vicini.

I giudici di Strasburgo, la cui sentenza diverrà definitiva tra tre mesi se le parti non faranno ricorso, hanno stabilito che "non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta dalla donna, le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza".

Nello specifico la Corte ha condannato l'Italia per la violazione dell'articolo 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (divieto di discriminazione) della convenzione europea dei diritti umani. I giudici hanno riconosciuto alla ricorrente 30mila euro per danni morali e 10mila per le spese legali. Si tratta della prima condanna dell'Italia da parte della Corte per un reato relativo al fenomeno della violenza domestica.

"Elementi di violenza ripetuta sottovalutati"

"Abbiamo presentato questo ricorso alla Corte di Strasburgo perché nella storia di questa donna ci sono tutti gli elementi di violenza ripetuta, grave e soprattutto sottovalutata e non riconosciuta", dice l'avvocato Titti Carrano, uno dei due legali autori del ricorso alla Corte europea dei diritti umani. "La donna aveva denunciato più volte, aveva anche chiesto aiuto, ma il Comune non aveva ritenuto la situazione così grave" spiega Carrano, precisando che "il marito il giorno stesso in cui ha poi ucciso il figlio e ferito gravemente la moglie era stato fermato in stato di ubriachezza ma era stato poi rilasciato".

"Ma si era allontanata dal Centro antiviolenza"

Elisaveta "aveva presentato una denuncia ma poi si era allontanata volontariamente dal Centro antiviolenza": dice però il Procuratore di Udine, Antonio De Nicolo, interpellato dall'Ansa. All'epoca dei fatti De Nicolo non era ancora a capo dell'ufficio friulano ma della vicenda si è occupato quando il Ministero ha chiesto le osservazioni sul caso per sostenere le ragioni dell'Italia. "Ricordo che in un verbale sostenne che le sue precedenti dichiarazioni erano state stracapite, mal interpretate, forse - ha aggiunto De Nicolo - anche per un problema di traduzione". In sostanza - secondo la Procura - la donna avrebbe ridimensionato all'epoca la portata delle accuse e per questo "per forza - ha detto De Nicolo - si era arrivati all'archiviazione dall'accusa di maltrattamenti". "È una tragedia assoluta ma dobbiamo chiederci se c'erano i segnali premonitori per poter cogliere o meno questa terribile vicenda", ha concluso De Nicolo riservandosi di leggere le motivazioni della decisione della Cedu.

"Il Comune non conosceva la situazione"

Parla anche il sindaco di Remanzacco, Daniela Briz: "La situazione della signora Elisaveta non ci era nota prima della tragedia. Ne siamo venuti a conoscenza solo dopo l'accaduto. Da allora l'abbiamo presa in carico e le siamo stati vicino non solo dal punto di vista economico ma anche con i nostri servizi sociali". Briz era vicesindaco nel novembre 2013 quando Andrei Talpis uccise il figlio. "Tutta la comunità di Remanzacco si mobilitò per lei - ha aggiunto Briz - e venne istituito un fondo con una raccolta di contributi con i quali sostenere le spese per il funerale del figlio in Moldavia. Andammo a trovarla in ospedale quando fu ricoverata - ha raccontato il sindaco - e da allora fino a un mese fa ha vissuto gratuitamente in un alloggio del comune. Le siamo sempre stati vicino", ha concluso il primo cittadino, dove la famiglia si era trasferita poco tempo prima della tragedia.