Roma, 21 aprile 2020 - Acqua di mare e sabbia non sono un problema: ragionevolmente, non c’è rischio di essere infettati nuotando o sedendo sulla spiaggia. A dirlo è Gianni Rezza, direttore del reparto malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità.
Virus e acqua: domande e risposte
Dottor Rezza, l’acqua di mare è sicura per la presenza di Coronavirus? "L’acqua di mare non è assolutamente un problema. La diluizione garantita dal mare risolve il problema".
E le spiagge? «Anche per le spiagge, non vedo rischi. Vede, il problema non è l’acqua di mare e non è la sabbia. Non è che sedendosi sulla spiaggia, o facendo il bagno si rischi di essere infettati. Pensare che se si mette una mano sulla sabbia e poi la si porti al viso si possa essere contaminati mi sembra fantascientifico, E lo stesso, e anche di più, vale per l’acqua di mare. Il problema invece sono gli esseri umani. Il problema è garantire il distanziamento sociale. Ergo, le immagini di spiagge affollate, per questa estate andrebbero evitate. Per evitare una seconda ondata, pur riaprendo quando sarà il momento le attività industriali e commerciali, perché un Paese non può andare al disastro economico, bisognerà evitare di far correre il virus. Quindi occorrerà una certa cautela e, quando i numeri saranno molto bassi, assicurare un rigoroso tracciamento dei nuovi casi per isolare e spegnere i nuovi potenziali focolai, assicurando un rischio accettabile".
Ma sarà comunque possibile l’accesso alle spiagge? "La responsabilità delle scelte, ovviamente, non può essere degli epidemiologi ma della politica. Premesso che non spetta a me decidere, le cose stanno andando abbastanza bene e penso che se il quadro continuerà a migliorare come ci attendiamo, si possa trovare un modo ragionevole, sul quando, vediamo, per garantire la stagione turistica e le necessità di contrasto al Covid 19: bisognerà essere un po’ più distanziati del solito, un po’ più attenti".
Quindi qualcosa di simile a quanto annunciato dal sindaco di Riccione: spiagge a numero chiuso e ombrelloni meno fitti. "Mi pare una ipotesi sensata. Mantenere le distanze di sicurezza, dotare gli inservienti e i bagnini di mascherine, prevedere servizi all’ombrellone e cose del genere sono ipotesi ragionevoli e credo praticabili. Ma sono sicuro che, una volta che ci sarà il via libera del governo, gli operatori turistici troveranno le soluzioni adatte".
Dei box di plexiglass attorno agli ombrelloni che ne pensa? "Per un epidemiologo in via teorica tutto quello che ostacola la diffusione di droplets è positivo. Ma è confortevole? O è più confortevole stare distanziati?".
In Francia hanno trovato tracce minime del virus nell’acqua non potabile. Quale è il reale rischio? "Sembra un falso allarme. Siccome questo è un virus che in una ridotta percentuale di casi dà dei sintomi gastrointestinali, può essere isolato anche dalle feci. Questo significa che tracce di Rna virale potrebbero finire nelle acque sporche. E in Francia sono state trovate tracce minime in un’acqua di scarico. Ma è una catena di trasmissione che mi sembra molto poco probabile. È una questione interessante da un punto di vista scientifico, certo. Ma in termini di salute pubblica non mi sembra particolarmente rilevante".
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