Giovedì 26 Dicembre 2024
MATTEO MASSI
Cronaca

Bruno Contrada, revocata la condanna. "Mai tradito lo Stato"

All'ex numero due del Sisde è stata revocata la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. La pronuncia della Cassazione mette la parola fine su una storia giudiziaria lunga 25 anni. Contrada fu arrestato il 24 dicembre del 1992 con un'accusa pesante: aver avuto rapporti con la mafia

Bruno Contrada

"LA SOFFERENZA è finita". Tira un sospiro di sollievo Bruno Contrada e inizia a parlare.
Venticinque anni fa l’arresto con l’accusa pesante di essere l’uomo dello Stato che aveva rapporti con la mafia.
"La mia vita è stata devastata".
L’hanno accusata di concorso esterno in associazione mafiosa.
"Un reato che è stato più volte confutato ma che è uno strumento utile per condannare e anche per fare politica".
Quel 1992 fu davvero terribile per l’Italia?
"È stato un anno cruciale. Uno spartiacque per la Repubblica italiana: è cambiata un’intera classe politica".
Da Tangentopoli alle stragi mafiose, un mondo stava crollando, ma non sempre le inchieste giudiziarie hanno fatto luce su quello che è accaduto. Anzi sono stati presi anche degli abbagli. E la carcerazione preventiva è finita sotto accusa.
"Si sono superate spesso le regole di un normale stato di diritto che è basato sulle libertà fondamentali dell’individuo. Per avere la fretta di ottenere dei risultati dopo le due stragi mafiose, si sono commessi degli errori. Non solo nel mio caso, ma pensi anche al processo Borsellino che è stato rifatto completamente. Otto-nove boss sono stati rimessi in libertà". 
E a finire sotto accusa è stata anche la stagione dei pentiti. Nella sua storia giudiziaria le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono state determinanti per formulare le accuse. 
"Quelli che mi hanno accusato, i cosiddetti pentiti, erano tutte persone che non mi erano estranee perché da poliziotto li avevo perseguiti come criminali mafiosi. Soprattutto Gaspare Mutolo che è il primo che mi ha accusato e cui ho fatto fare tanti anni di carcere".
Quindi, si sono vendicate contro di lei?
"Accusandomi, prendevano due piccioni con una fava, perché ottenevano dei vantaggi come collaboratori di giustizia: dal denaro alle libertà. Comunque posso dire che nel mio caso tutti i fatti che mi sono stati contestati, sono tutti falsi. Mai commesso un reato. Neppure un’infrazione al codice della strada".
Che cosa ha provato nel passare da essere considerato un uomo dello Stato a venire additato come un uomo dell’Antistato, il tutto nel giro di pochissimo tempo? 
"Quello che prova il marinaio che tranquillamente va in barca sul mare e si ritrova coinvolto in una bufera. Ora però voglio che mi ridiano la divisa da poliziotto perché non ho mai tradito lo Stato. Ho diritto a morire come un poliziotto e non lo dico per una questione economica".
Lei ha detto «ho combattuto la mafia in prima linea». Ma che Palermo era quella in cui operava?
"Un nido di vipere. Allora non c’era la legislazione antimafia, non c’erano i dispositivi tecnologici e non c’erano neppure i pentiti. Non esisteva l’associazione a delinquere di stampo mafioso. E io per fare le indagini dovevo avere dei confidenti e non solo io, ma tutta la polizia. Come poliziotto avevo i rapporti coi poliziotti e i criminali. Se vedevo in un bar un personaggio vicino alle cosche e non ancora indagato o finito in qualche inchiesta, provavo ad avvicinarlo per cercare di ottenere informazioni preziose per le indagini. Ero un poliziotto di strada, non stavo dietro una scrivania ad aspettare le confidenze di un pentito".
Quali erano i suoi rapporti con i magistrati dell’Ufficio Istruzione di Palermo?
"Con loro ho avuto rapporti dal 1980 al 1982 ed erano relazioni di subordinazione. E con Falcone e Borsellino i rapporti erano corretti e di rispetto reciproco".
Ma i cosiddetti professionisti dell’antimafia esistono?
"Esistono. Tutti quelli che si sono avvalsi di determinati incarichi che hanno per fare i miles gloriosus o per i propri tornaconti".
La mafia è stata sconfitta?
"Quella mafia intesa come crimine organizzato siciliano è stata sconfitta. Esiste un’altra mafia che ha altri modi di operare e interessi in altri settori".
Ha mai creduto al terzo livello o a una trattativa tra Stato e mafia?
"Non credo che ci sia stata una trattativa vera e propria, perché sennò dovremmo considerare trattativa qualsiasi rapporto tra organi di Stato e pentiti. Sul terzo livello un conto è parlare di politica e un conto di politici che hanno deviato dai loro compiti istituzionali".
E ci sono stati politici che hanno deviato?
"Alcuni processi l’hanno dimostrato".