Milano, 26 maggio 2017 - Professor Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche ‘Mario Negri’, ad Ancona un bimbo di sette anni, affetto da otite, lotta fra la vita e la morte dopo essere stato curato per due settimane con l’omeopatia. Si poteva evitare?
«Di sicuro, probabilmente si tratta di un’infezione curabile con normali antibiotici. Se l’otite non viene adeguatamente affrontata, di per sé tende a spostarsi a livello cerebrale, con l’insurrezione di un ascesso come quello che purtroppo ha colpito il bambino».
Dati alla mano, quasi tre italiani su dieci scelgono rimedi omeopatici per curare i loro figli. Lei, da sempre critico verso ‘la medicina alternativa’, è preoccupato?
«Probabilmente sono cifre non così vere, nel senso che per lo più si tratta di persone venute a contatto una sola volta nella loro vita con prodotti omeopatici. In realtà, considerando il fatturato mosso da questi rimedi, il numero dei fedeli a simili terapie scende in maniera considerevole».
Sta di fatto che resta l’attrattiva.
«Ma questo è un errore. Utilizzare prodotti, privi di base scientifica, per curare o far finta di curare delle malattie che sembrano in partenza di poco conto, è uno sbaglio. Queste patologie possono sempre aggravarsi».
In un saggio di un paio di anni fa, lei definisce l’omeopatia «acqua fresca». Di fronte a casi come quello di Ancona verrebbe da parlare piuttosto di «acqua bollente».
«Dipende dai punti di vista. Purtroppo qualche volta le conseguenze dell’uso di queste terapie fanno parte delle omissioni. Chi crede nell’omeopatia infatti di solito non si serve di farmaci che in molte situazioni sono in grado di risolvere il problema».
In sintesi, l’omeopatia si fonda sulla tesi secondo cui, somministrando in forma diluita e dinamizzata sostanze che possono provocare una determinata malattia, queste sono anche in grado di curarla.
«Parliamo di un approccio che oggi non ha alcun significato. Risale a un’epoca, il ’700, che non ci appartiene più. Le diluizioni, che vengono fatte per produrre questi rimedi, sono tali che ormai non vi è neanche più traccia della molecola di partenza».
Diluire per diluire, resta acqua fresca.
«Sì, tanto è vero che per molti di questi preparati si possono scambiare le etichette e nessuno se ne accorgerebbe. I farmacisti dovrebbero rifiutarsi di vendere prodotti omeopatici, loro conoscono la chimica».
E che dire dei medici che prescrivono rimedi omeopatici?
«Gli Ordini sono chiamati a vigilare maggiormente su certi comportamenti. Semplicemente i dottori, che si affidano all’omeopatia, non dovrebbero far parte dell’Ordine. Il medico è chiamato a fare tutto ciò che serve al paziente, ma basandosi su conoscenze scientifiche».
E qui siamo fuori dalla scienza.
«Senz’altro, gli Ordini devono intervenire».