Roma, 9 settembre 2016 - Potrei esserti padre, Marieke, ma ti parlerò da figlio. Un figlio che ha assaporato i successi di un genitore, la polvere e, in ultimo, la sconfitta della vita. Perché sconfiggere la vita non significa morire, ma ricevere beffe persino dalla morte. Una morte cercata inutilmente, rincorsa anche quando, paradossalmente, continuava a girare le sue spalle.
VEDI, Marieke, la sinfonia fatta di note piene funziona sempre, accarezza l’udito, ammalia ogni ascoltatore. Ma il vero compositore sa che solo usando bemolle e semitoni, adoperando con maestria le ‘diminuite’ si può creare il vero capolavoro. Lì risiede il genio e, solo chi riesce a conquistare il successo superando difficoltà all’apparenza insormontabili, siederà sulla vetta dell’Olimpo. Ci vuole tanta fatica per raggiungere quella cima e non mi pare il caso di abbandonarla proprio quando si è finalmente arrivati a osservare questo buffo mondo dall’alto. Credo di essere in grado di capire ogni tua legittima scelta e le tue parole feriscono me come ogni altra persona innamorata dello stare al mondo. Capisco anche che sia più facile per taluni che per altri inneggiare al piacere della vita. Ma immagino tu abbia combattuto per raggiungere certi traguardi, immagino tu abbia lottato, sudato, pianto. Davvero hai fatto tutto questo per farla finita? Che bisogno c’era allora di combattere e incazzarsi, se non era questa la vita da vivere?
OGNI momento che ci regala sole o pioggia, ogni soffio del mattino, ogni rumore della notte è degno d’essere vissuto. Anche quando stanchezza e disperazione chiedono il conto. Torna indietro col pensiero e interrogati, se inutile sarà il futuro, quanto inutile sia stato il tuo passato fatto di sacrifici per diventare una campionessa capace di suonare una sinfonia per semitoni e quindi più degna di altri di vivere questa meravigliosa vita. Fatti forza, Marieke. Noi siamo tutti figli del tuo coraggio.