I 5stelle hanno la febbre alta. Il centro sinistra sta così così. Il centro destra, nonostante l'età e gli acciacchi del suo leader, gode di buona salute. Forse la cartella clinica del Palazzo non sarà questa al cento per cento, ma la diagnosi uscita dalle amministrative di ieri gli assomiglia molto. Tra quindici giorni sapremo se le condizioni dei pazienti sono cambiate, o se alla prima visita si era visto giusto. Certo, se come sembra, i grillini saranno tagliati fuori da quasi tutti i ballottaggi più significativi, non si può non dire che i 5stelle stanno a guardare un paese che sembra aver ritrovato la sua competizione tradizionale tra centro destra e centro sinistra, senza il ...disturbo..di una terza forza.
Le amministrative non sono politiche, ovvio. Ma è altrettanto vero che i primi dati di questo turno confermano due cose. Primo. La compattezza delle coalizioni paga. Vale soprattutto per i moderati che si risvegliano da un sonno che sembrava comatoso, per riprendersi il ruolo di leadership che hanno occupato fin dal dopoguerra. Secondo. Non è sempre vero che nuovo è bello. Anche le forze tradizionali, insomma, possono dire la loro quando non sono in ballo solo le chiacchiere, ma i problemi concreti come la gestione di una città. Soprattutto se si presentano con facce credibili, in carne ed ossa, e non con personaggi usciti dai cavetti di una play station politica come quelli spesso forniti via blog dal movimento di Beppe Grillo. È chiaro che per ora si parla di un trend che si dovrà consolidare nelle prossime due settimane. Ma le macro tendenze emerse e certi risultati piccoli ma significativi come la vittoria del sindaco anti renziano nella cittadina di Renzi, Rignano, non potranno finire in freezer mentre si discute se lo sbarramento elettorale deve essere al 4 o al 5 per cento. E se questo succederà, non meravigliamoci se la partecipazione alle elezioni porterà altri segni meno, come è successo ieri. Senza consolarci per il fatto che in Francia è andata pure peggio.