Col discorso di ieri del premier britannico Theresa May sulle modalità di uscita del Regno Unito dall’Ue e l’insediamento, venerdì, del presidente Donald Trump alla Casa Bianca, si chiude una fase storica globale. Una fase tanto caotica quanto drammatica, che ci ha donato due frutti avvelenati: la crisi economica e la crisi dell’Europa. Per la prima dobbiamo ringraziare gli Stati Uniti. Pur di evitare che la Grande Crisi del 1929 si ripetesse, nel ‘33 il presidente Roosevelt fece approvare la sacrosanta legge Glass-Steagall che separò le banche di investimento dalle banche commerciali. La abolì Bill Clinton nel ’99, spianando così la strada alla globalizzazione e, meno di un decennio più tardi, all’implosione del sistema finanziario statunitense, zeppo di titoli tossici e crediti inesigibili. La slavina iniziò col fallimento della banca d’affari Lehman Brothers, che poteva essere salvata e non lo fu. La Casa Bianca lasciò fare al mercato e quando la Fed cominciò a pompare denaro nelle banche in crisi era ormai troppo tardi.
Per salvare le banche si spostò l’attenzione sui debiti sovrani degli Stati dando così inizio al calvario dei Paesi europei cattolici e meridionali. Nessun correttivo di sistema è stato da allora varato, solo dei palliativi come la legge Dodd-Frank del 2010. Comunque la si voglia giudicare, la vittoria di Trump rappresenta un punto di svolta, una correzione radicale di rotta. Nessuna svolta si intravede invece nella vecchia Europa, dove la rotta è la stessa di sempre: a piccoli passi verso l’abisso. Non è bastata la Grecia, non è bastata la Brexit, non è bastata la paura dei cosiddetti “populismi” insorgenti. La Germania continua a fare il bello e il cattivo tempo, imponendo il rigore nei conti pubblici e la fedeltà ai trattati agli altri, e derogando in proprio. Lo sfondamento dei parametri sul surplus commerciale, il salvataggio di banche regionali con soldi pubblici, il mancato calcolo nel debito delle spese per pensioni e sanità...
Berlino predica bene e razzola male, ma nessuno sembra avere l’autorità per mettere i tedeschi di fronte alle proprie responsabilità. Non ce l’ha fatta Renzi nel momento di massima forza politica, stentiamo a credere ce la possa fare Gentiloni, che oggi, con in tasca la lettera con cui la Commissione europea ci chiede di trovare altri 3,4 miliardi e nelle orecchie le accuse tedesche a Fca, sarà ricevuto da frau Merkel. Romano Prodi dice che «l’Europa è morta», e neanche un santo potrebbe aver fede nella sua resurrezione. Il cadavere comincia a puzzare, celebrare il funerale pare l’unico modo per ricominciare a vivere. C’è solo un problema: non si trova un becchino disposto a farsi carico dell’ingrato compito.