Sabato 6 Luglio 2024
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Lars Von Trier, 5 scene cult

Lars Von Trier è uno di quei grandi artisti che bisogna conoscere attraverso la poetica delle opere

Lars Von Trier (Ansa)

Lars Von Trier (Ansa)

Roma, 30 aprile 2016 -  Accusato di "machismo" e di qualunque altra aberrazione - ricordiamo l'ironico quanto malriuscito elogio al nazismo che gli costò l'espulsione quale "persona non grata" dal Festival di Cannes - Lars von Trier è uno di quei grandi artisti che occorre conoscere attraverso la poetica delle opere, piuttosto che attraverso le parole spese dal medesimo nelle interviste, o nei giudizi affrettati di tanti insensibiloni.

La prova dell'amore che il regista ha saputo spendere nel tratteggiare un'eroina - donna - indimenticabile, vittima sacrificale di un mondo (maschile) incapace di essere all'altezza della grandezza delle femminili capacità di generosità, grazia e sacrificio sta tutta nel capolavoro "Dancer in the Dark". Il musical del 2000 con Bjork  vinse la Palma d'oro a Cannes,  e Bjork il premio per migliore attrice, nonostante ogni mattina esasperata sul set - narra Wikipedia - sputasse in faccia a Lars per la tensione e quant'altro. Trattasi di folle anti-musical. In questa scena Bjork trasforma la leggiadria della Julie Andrews tata perfetta di "Tutti insieme appassionatamente" in un canto di disperazione, ansia di vita e contemporanea certezza di morte. Da lassù, sorride Coltrane.

Dancer in the Dark (2). Allora. Tutti i fan di Lars von Trier andavano al cinema, a vedere i suoi film, forti della conoscenza del suo rivoluzionario e folle decalogo del Dogma, il famoso "Voto di castità", stilato nel '95. 1) Le riprese devono avere luogo in esterni. 2) Il suono non deve essere prodotto separatamente dalle immagini o viceversa. 3) La camera deve essere usata a mano. 8) Sono inaccettabili i film di genere. Ed ecco che lui, dopo  il decalogo, firma "Dancer in the Dark": è un film di genere, e il genere è il musical. Le riprese non sono fatte solo con una camera a  mano, ma in alcuni casi - per esempio la scena del treno - sono in azione addirittura 100 telecamere. Le riprese non sono assolutamente solo in esterni. Vii partecipano star, non solo Bjork, persino Catherine DEneuve. Eppure, negando il suo stesso dogma, von Trier scrive il suo capolavoro: nulla di più lontano dalla realtà, o dal realismo, E' il musical in cui la gente dal nulla prende e canta, prende e balla. E nulla di più lontano da un'impiccagiione totamente ingiusta, è il finale di un musical. Fino a questo film. E a questa scena.

Le onde del destino. Ricordiamo da dove eravamo partiti? "Le onde del destino", 1996, con Emily Blunt. Altra donna, altro capro espiatorio in balia dell'egoismo di un lui e di una selva di uomini ancora una volta orribili, violenti, mortiferi. Fu un colpo al cuore, quel film, un colpo perché mostrava come l'estrema fragilità di una donna innamorata non sia mai destinata ai confini del paradiso, ma abbia molto più a che fare con l'inferno.

Melancholia. Per assurdo, la scena più rassicurante del film, è quella finale in cui si ha la certezza che tutti muoiono. "Melancholia" , 2011, vive soprattutto della prima parte, debitrice all'allievo Vinterberg di "Festen", conflitti di famiglia pronti a esplodere e tarli così profondi da risultare invincibili, incentrata su una straordinaria Kirsten Dunst. La ragazza bionda che incantò e portò alla morte con un solo sguardo le "vergini suicide"  di Sofia Coppola, qui è una donna condannata alla depressione. Vittima del male oscuro, dissipa il suo amore e se stessa in un dolore tanto totale quanto senza senso. L'unico senso, forse, lo trova qui, nella fine. 

L'Anticristo. Chi è mai l'Anticristo? E' lei, che fa l'amore col marito distraendosi dai destini del piccolissimo figlio? E' lui, distratto come lei ma oltretutto pure incapace di amare la moglie, forse sì una strega, forse  sì, soltanto una donna sola e disperata?