Domenica 22 Dicembre 2024

Lo zucchero aumenta il rischio di ansia e depressione

C’è un legame tra una dieta ricca di zuccheri e la comparsa dell’ansia e della depressione, specialmente negli uomini adulti. A suggerirlo è un ampio studio inglese

Lo zucchero può provocare anche patologie psichiatriche – Foto: iStock / AngiePhotos

Non solo obesità, problemi al cuore e diabete: un’assunzione esagerata di zuccheri, specialmente nei maschi, aumenta non di poco il rischio di avere a che fare con ansia e depressione. A ipotizzarlo è uno studio dell’University College London (UCL), che ha mostrato una connessione tra una dieta ricca di cibo spazzatura (in questo caso bibite e dolci) e la comparsa di patologie psichiatriche. LO STUDIO La ricerca è stata molto ampia e si è concentrata su più di 8000 adulti residenti nel Regno Unito. I partecipanti hanno compilato regolarmente, a partire dagli anni ’80, questionari riguardanti i loro stili di vita, caratterizzati da domande del tipo “quanto spesso ti capita di mangiare una fetta di torta?”. Gli studiosi hanno inoltre sottoposto i soggetti a indagini sulla loro salute mentale e sul rapporto peso-altezza. RISULTANTI PREOCCUPANTI SUGLI UOMINI Negli uomini che hanno assunto una maggior quantità di cibo zuccherato (bibite frizzanti, torte, merendine e tè freddo), secondo i risultati, il rischio di contrarre ansia e depressione nei cinque anni successivi è aumentato del 23%. Sulle donne, che comunque erano in minoranza, non sono stati riscontrati gli stessi esiti così significativi. LO ZUCCHERO MINACCIA LE CELLULE NERVOSE Una possibile motivazione è la seguente: lo zucchero può influenzare (negativamente) lo sviluppo delle cellule nervose perché ridurrebbe la presenza di una proteina molto importante per la corretta crescita dei neuroni nel cervello. Questo fenomeno è collegato alla comparsa delle patologie psichiatriche di cui ha parlato la ricerca. Inoltre “le donne erano solo un terzo del totale e quindi è possibile che lo zucchero possa avere gli effetti simili anche su di loro”, ha detto Anika Knuppel, leader dello studio. Per quanto la ricerca rappresenti solo un punto di partenza, nell'analisi del problema, i risultati hanno fatto comunque riflettere e hanno incoraggiato ulteriori approfondimenti, dato che potrebbe trattarsi di una questione da non sottovalutare.