Roma, 8 maggio 2017 - Le diete vegane radicali possono avere una serie di controindicazioni. Ne parliamo con un medico di chiara fama, Leone Arsenio, specialista in endocrinologia e medicina interna, presidente regionale Adi Emilia Romagna, Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica.
Professor Arsenio, quale modello dietetico si sta affermando?
«Siamo onnivori, e lo siamo sempre stati nei millenni tranne rare eccezioni. La condizione ottimale oggi è una alimentazione variata, per non sommare contemporaneamente eccessi e deficit nutrizionali. Nulla da ridire a chi tende a escludere la carne, e compensa con pesce, uova, formaggi. Il pesce è un ottimo alimento, ma qualcuno lo rifiuta perché, ad esempio, teme il mercurio o altri inquinanti, ma può essere sostituito con altre fonti proteiche. Ed è assolutamente lecito».
Quando allora è richiesta particolare cautela?
«Quando diventi vegano, con restrizioni drastiche. Qui si possono avere carenze, ed è necessario ricorrere agli integratori. Rischiano di più bambini e anziani».
Quindi un regime alimentare dovrebbe essere supervisionato da una persona esperta, altrimenti può fare danni?
«Non faccio crociate, ma ho sentito casi riferiti da colleghi. E nelle commissioni tecnico scientifiche delle scuole di cui faccio parte il problema viene fuori, specialmente negli incontri con i genitori e i rappresentanti di classe».
L’anemia è il pericolo numero uno?
«La carenza di vitamina B12 e di ferro sono i punti deboli della dieta vegan. C’è poi il tema del digiuno alternato. Non lo condivido, perché una dieta molto ipocalorica: è diseducativa e provoca una leggera chetosi, come abbiamo discusso in un recente convegno, ed è bene farsi seguire da uno specialista».
Cosa dire a chi esclude la carne per motivi ideologici?
«Le diete vegane sono talvolta accompagnate da un atteggiamento animalista, mi capita di leggere nei gruppi di discussione anche le cosiddette fake news, mistificazioni sulla qualità della carne prive di riscontro scientifico. Ma tanti vegani sono in buona fede e accettano il confronto».
Come spiega l’avversione per la carne di agnello?
«Anche a me personalmente la carne di agnello non piace, ma è un cibo della nostra tradizione culturale, addirittura con sfondi religiosi, profondamente connaturata con il nostro comportamento. Non me la sento di dire che chi mangia carne di agnello è un criminale. Altrettanto vero che ci sono, d’altra parte, racconti di cose terribili fatte sugli animali, che io condanno, sofferenze ingiustificate quando non sono indispensabili. Il torto dunque non è tutto da una parte o dall’altra, e ci sono aspetti sanzionati, perché il maltrattamento sull’animale indifeso è inammissibile».
La macellazione è un sacrificio necessario.
«Ma anche quando devi macellare, devi farlo in modo da evitare sofferenza o modalità violente».
Insomma, non tiro il collo alla gallina, come facevano i nonni in campagna, poi però rimpinzo il cucciolo con prodotti derivati degli allevamenti?
«Indubbiamente ci sono persone che evitano di mangiare carne poi danno la scatoletta al loro animale da compagnia. L’animo umano è complicato diceva Dostoevskij».
Una soluzione di compromesso?
«Essere vegani non significa necessariamente avere una vita più lunga, più sana e più bella. Viceversa gli studi dicono che un’alimentazione equilibrata e corretta è la formula migliore».