Martedì 3 Dicembre 2024

Green Hill, e ora la parola passa alla Cassazione

Martedì 3 ottobre i supremi giudici si esprimeranno sul ricorso presentato dagli avvocati che difendono gli imputati dell’allevamento di cani beagle. La Lav auspica il rigetto e l'azienda ribatte

Beagle di Green Hill

Beagle di Green Hill

Roma, 2 ottobre 2017 - La clamorosa vicenda giudiziaria di Green Hill giunge al suo terzo grado di giudizio: martedì 3 ottobre (a partire dalle ore 10, presso la Terza Sezione) i Supremi Giudici della Corte di Cassazione si esprimeranno sul ricorso presentato dagli avvocati che difendono gli imputati dell’allevamento di cani per la sperimentazione, denunciato nel 2012 e i cui 2636 cani furono sequestrati. 

In conseguenza dei due processi condotti dal Tribunale di Brescia, i vertici dell’allevamento di beagle sono stati condannati per “maltrattamenti e uccisioni senza necessità”, sia in primo grado che in Appello, alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione per il Medico Veterinario e il co-gestore di “Green Hill 2001”, mentre il direttore dell'allevamento è stato condannato a 1 anno e al risarcimento delle spese. Per i condannati, inoltre, attività sospesa per due anni e confisca dei cani. Così riferisce una nota della LAV.

“Abbiamo piena fiducia nel rigore morale dei Giudici della Suprema Corte chiamata a regolare e uniformare l'interpretazione giurisprudenziale del diritto, per garantire la perfetta osservanza e la puntuale applicazione della legge da parte degli organi giurisdizionali. Ne consegue che la pronuncia sarà circoscritta all'osservanza delle norme, mentre è palese che non può estendersi a un esame critico del fatto che rimane “accertato” dei due precedenti gradi di giudizio. – spiega la LAV – Certi della solidità delle prove a carico degli imputati, della rigorosa e scrupolosa interpretazione delle norme di riferimento, auspichiamo che la Corte di Cassazione voglia dichiarare l'inammissibilità e/o comunque respingere il ricorso proposto, confermando la sentenza impugnata in ogni sua parte, compresa quella relativa alla confisca, ex art. 544sexies c.p., dei numerosissimi beagle ancora in sequestro e affidati dall’estate 2012 a famiglie volenterose sparse su tutto il territorio nazionale. – prosegue la LAV – Siamo stati fin dall’inizio parte attiva nel procedimento penale a difesa dei quasi 3mila beagle, ai quali abbiamo garantito un futuro e giustizia: il Tribunale di Brescia nel 2015 e nel 2016 ha emesso due sentenze memorabili di condanna per i vertici di Green Hill, destinate a fare giurisprudenza in quanto hanno fatto emergere l’estrema gravità delle sofferenze inflitte ai cani allevati a fini sperimentali dalla succursale della multinazionale Marshall.” 

Come ha spiegato l’avvocato Carla Camparo, difensore della LAV, durante la sua precedente arringa: “A Green Hill essere uccisi era un lusso perché i cani venivano semplicemente lasciati morire: non vi era alcun interesse a curare i cani malati. Le terapie erano costose e comunque avrebbero potuto alterare i parametri delle sperimentazioni. I beagle erano quindi semplicemente  lasciati morire (basti pensare che dalle 18 alla mattina successiva nessun presidio sanitario era garantito) o sacrificati”, insiste la Lega antivivisezione. 

“Negli ultimi anni la sensibilità collettiva verso gli animali è fortemente accresciuta, tanto che cani e gatti sono parte della famiglia per un numero sempre più ampio di persone – conclude  la LAV – Altrettanto emblematico di una evoluzione in atto, è il divieto di allevare cani a fini sperimentali e altre limitazioni, introdotto nel nostro Paese nel 2014 con il Decreto Legislativo n.26/2014 sulla sperimentazione animale, in conseguenza del quale Green Hill non può riaprire: un cambiamento normativo storico, il cui dibattito politico era molto intenso proprio all’epoca del sequestro di Green Hill. In considerazione di questa sensibilità collettiva più matura, la giurisprudenza – e così si è espresso il Tribunale di Brescia nel condannare Green Hill - non può considerare “normale” il maltrattamento ad animali destinati ad attività produttive: non è normale che i cani fossero costretti a ingerire/respirare segatura come accaduto ai beagle, né che fosse presente un solo veterinario per quasi 3mila cani, tutti aspetti oggetto delle due sentenze di condanna emesse a carico di Green Hill”, attacca ancora la LAV.   La LAV ricorda che, dopo questa attesa pronuncia, il 22 novembre il Tribunale di Brescia dovrà esprimersi nel cosiddetto processo “Green Hill bis” che vede imputati due veterinari Asl per falso ideologico, omissioni e alcuni dipendenti della società per falsa testimonianza: sarà un’occasione importante per accertare complicità e omissioni in maltrattamenti e uccisioni “facili”. L’Associazione ringrazia gli avvocati Vittorio Arena e Carla Campanaro per la puntuale assistenza fornita, insieme allo staff dell’Ufficio Legale LAV. Così chiude la nota della Lega antivivisezione.

Pronta la replica di Green Hill: "In riferimento al comunicato stampa diffuso dalla LAV in vista del verdetto della Suprema Corte di Cassazione, Green Hill rispettando il lavoro della magistratura a cui ribadisce totale fiducia, conferma l’estraneità alle accuse che, ricorda, non fanno riferimento a maltrattamenti comunemente intesi come hanno volutamente fatto intendere alcune campagne animaliste, ma riguardano comportamenti e azioni messe in essere non conformi alle caratteristiche etologiche dei cani di razza beagle".